Parkinson e flavonoidi: le molecole antiossidanti presenti nel vino, nei frutti rossi e in altri superfood potrebbero avere un’azione benefica nei confronti della malattia.
Nell’articolo di oggi vediamo gli importanti risvolti di un recente studio scientifico.
I flavonoidi
I flavonoidi si trovano nei prodotti di origine vegetale e il loro consumo regolare può essere particolarmente vantaggioso per la salute.
Sono sostanze chimiche che appartengono alla famiglia dei polifenoli. Hanno proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Si trovano in molti alimenti di origine vegetale come mele, uva, frutti di bosco, tè e cioccolato.
Già in passato alcuni studi scientifici hanno dimostrato che un uso regolare di queste molecole è in grado di contrastare tumori o malattie cardiovascolari.
Secondo uno studio pubblicato su Nature communications, bastano 500 milligrammi al giorno. Un obiettivo assolutamente raggiungibile: una tazza di tè, una mela, un’arancia, 100 grammi di mirtilli e 100 grammi di broccoli forniscono più di 500 milligrammi di flavonoidi.
Parkinson e flavonoidi
Ma i flavonoidi sembrano essere utili anche per ridurre la neuroinfiammazione cronica che colpisce i malati di Parkinson, con una riduzione della perdita di neuroni e un aumento significativo della sopravvivenza dei malati.
Già uno studio scientifico aveva messo in evidenza una minore probabilità di ammalarsi con un consumo quotidiano di frutta e verdura. Ora sembrerebbe possibile anche aumentare la sopravvivenza dei malati.
Il morbo di Parkinson non è considerato di per sé una malattia mortale, ma lo possono essere le complicanze correlate.
I risultati dello studio scientifico
I ricercatori hanno preso in esame i dati alimentari di 599 donne e 652 uomini affetti da Parkinson, per un follow-up durato ben 32 anni.
I risultati evidenziano che il consumo di flavonoidi garantisce una sopravvivenza del 70% maggiore rispetto ad un basso o nullo consumo di questi potenti antiossidanti.
Ovviamente si tratta di uno studio osservazionale, ma i ricercatori si sono sono spinti a ipotizzare che per la loro spiccata attività antiossidante, i flavonoidi possano interagire direttamente sull’attività enzimatica che causa la neuroinfiammazione cronica. Questa azione comporta un rallentamento nella perdita irreversibile di neuroni, proteggendo dal declino cognitivo e dalla depressione (entrambi correlati ad un rischio di mortalità più elevato).